IL CONFLITTO ED I SUOI LIVELLI
Quando vi è un vissuto di ansia e di disagio, verbalizzato come sentirsi confusi, allo sbaraglio, ecc.., all’origine vi è conflitto interno.
In Analisi Transazionale il conflitto prende il nome di impasse, termine ripreso dalla Gestalt e significa essere bloccati: infatti l’energia della persona è utilizzata e si esaurisce all’interno di un dialogo interno conflittuale e limitante.
Il conflitto emerge quando la persona sente stretto l’adattamento copionale, con i suoi ordini, ingiunzioni e convinzioni.
L’impasse è un concetto introdotto in Analisi Transazionale dai Goulding, che hanno teorizzato tre tipi di impasse.
Il I tipo riguarda un conflitto tra lo Stato dell'Io Genitore e lo Stato dell'Io Bambino, ovvero tra un ordine e un bisogno (Vedi il post " Chi siamo e come funzioniamo?"). Questo primo tipo di impasse si risolve attivando lo Stato dell’Io Adulto, che analizza la realtà e decide che non è necessario adattarsi all'ordine. Ad esempio il conflitto può essere tra l’ordine sii perfetto e il bisogno di rilassarsi, oppure tra l’ordine compiaci e il bisogno di pensare a sé.
Può capitare che la persona si senta a disagio ad adottare un nuovo comportamento. La sofferenza non si risolve o addirittura può aumentare, poiché emerge l’ingiunzione e la decisione copionale, celata, fino a quel momento, sotto l’ordine e l’impasse di I tipo.
Ciò porta all'impasse di II tipo, in cui il conflitto è all’interno dello Stato dell’Io Bambino, ovvero tra l'ingiunzione (la paura del genitore storico interiorizzata, presente nella struttura definita come il Genitore nel Bambino, G1) e il bisogno autentico espresso dalla parte intuitiva del Bambino, chiamata Piccolo Professore, ovvero l’Adulto nel Bambino (A1). Il conflitto di II secondo tipo, risale ad un epoca più precoce rispetto a quello di I tipo. L’ingiunzione, infatti, è un messaggio veicolato a livello pre-verbale e quindi meno riconoscibile.
Il cambiamento a questo livello è vissuto, in genere, come pericoloso, in quanto vi è la paura di perdere la relazione. Ad esempio una persona quando avverte il bisogno di dire la sua opinione o di dire di no, per mettere dei limiti, seguendo il bisogno di esserci in contrapposizione all’ingiunzione non esistere, può bloccarsi nella paura dell’abbandono o nel senso di colpa o nella vergogna, rimanendo nell’antica decisione di esserci come vuole l’altro. Questo conflitto si supera entrando nell’antica sofferenza, con la consapevolezza non di un bambino ma di un adulto, e uscirne con una nuova decisione riguardo a sé.
Nonostante un lavoro sull'empasse di II grado, la persona può cambiare comportamento, ma continuare a mantenere una percezione di sé svalutante, non degna o cattiva.
Alcuni pensieri, sensazioni e sentimenti vengono vissuti come propri e non come indotti da un'ingiunzione e dall'adattarsi ad essa. Questo avviene quando l'ingiunzione è stata trasmessa molto precocemente, prima dello sviluppo del linguaggio. Più si risale indietro nel tempo più i messaggi provenienti dall’esterno passano attraverso il corpo e risiedono in una memoria senza ricordi, in una memoria corporea. Il bambino sente e pensa con il corpo, senza distinguere ancora ciò che è suo e ciò che appartiene all’altro. Si parla del B somatico che interiorizza il suo sentirsi amato e al sicuro a partire dalle cure che riceve, dalle reazioni delle figure di riferimento alle sue espressioni emotivo-corporee, e che memorizza inoltre la protodecisione intuitivamente presa in risposta alle reazioni dell’ambiente (Attanasio, 2002).
A riguardo interessanti sono gli studi di Tronick sul paradigma Still Face (1990). Si rimanda alla lettura della recensione del libro dell’Autore “Regolazione Emotiva. Nello sviluppo e nel processo terapeutico” di Elena Arestia, pubblicata sulla rivista online dell’I.I.F.A.B. il Corpo Narrante, n 2, luglio 2010, www.corponarrante.it .
A questo livello il disagio è espresso a livello corporeo, con sensazioni di tensione, di dolore, difficilmente verbalizzate. Il conflitto è tra la paura (B Adattato) e il desiderio (B libero), tra due parti di sé, che vanno ascoltate e integrate. Ad esempio da una parte c’è la paura di esporsi e la percezione di sé come privo di valore e dall’altra il desiderio di esprimersi e sentirsi importante. Il superamento di questo conflitto porta come frutto una nuova percezione di sé, aperta alla vita e alla gioia.
Quando la comparsa di un nuovo comportamento è il risultato della risoluzione del conflitto sottostante il cambiamento è autentico ed ha maggiori probabilità di mantenersi.
Inoltre diceva la Romanini (1999) che un nuovo comportamento è come un paio di scarpe nuove: all’inizio risultano scomode ed estranee ed hanno bisogno di essere indossate per adattarsi al piede. Fuor di metafora il cambiamento per diventare parte di sé occorre consolidarlo con l’esperienza.
ATTANASIO S., La memoria del corpo, Riv. It. di AT e metod. Psicoter.,XXII, 6, 2002.
GOULDING B., GOULDING M., Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale, Astrolabio, Roma, 1983.
ROMANINI M.T., Costruirsi Persona, La Vita Felice, Milano, 1999.