COSA SONO LE EMOZIONI
Quando si parla di emozioni non c’è
accordo riguardo la terminologia: spesso si usano termini simili per
indicare realtà diverse, altre volte si utilizzano concetti diversi per parlare
dello stesso aspetto.
Ci sono però dei punti condivisi, come la distinzione tra emozioni di base (ad esempio paura, rabbia, dolore, gioia) e quelle complesse (vergogna, orgoglio e senso di colpa) che implicano la capacità dell’essere umano di riflettere su di sé.
Vi è accordo inoltre nel ritenere l’emozione:
1. una reazione ad un evento con una funzione di comprensione e adattamento all’ambiente;
2. una componente importante a livello evolutivo per la sopravvivenza (la paura è funzionale ad evitare un pericolo reale, la rabbia a reagire per risolvere nel presente una situazione problematica, il dolore a vivere una perdita e riprogettare il futuro) e la condivisione con gli altri esseri umani (il bambino precocemente riesce a tradurre il suo stato interno in segnali visibili e riconoscibili);
3. un fenomeno complesso, che comprende non solo l’attivazione fisiologica (ciò che avvertiamo a livello corporeo, come aumento del battito del cuore, sudorazione, ecc…), ma anche i pensieri, la motivazione al comportamento e il comportamento messo in atto. Alcuni studiosi includono all’interno dell’emozione anche le strategie che si mettono in atto per gestire questa reazione emotiva.
Quest’ultimo punto è importante in quanto evidenzia come l’aspetto emotivo non vada confuso con l’irrazionalità. Nell’emozione infatti sta un pensiero più o meno consapevole di sé stessi, dell’altro e della situazione che determina l’emozione stessa. Si può dire che la vita emotiva sia un “ragionamento” sul mondo e su se stessi (Barone, 2009). L’uomo è quindi costruttore attivo del suo sentire. Si comincia, infatti, a parlare di emozione verso i 2 mesi di vita, quanto compare la capacità di valutare, a livello empatico-intuito, la situazione. Prima il neonato vive sensazioni di piacevolezza e di spiacevolezza, legate a stati di rilassamento o tensione. Per fare un esempio un neonato se viene lanciato in alto avverte una sensazione di spiacevolezza, mentre un bambino di alcuni mesi ride in quanto riconosce intuitivamente di essere all’interno di una relazione di fiducia e di gioco.
L’emozione quindi è legata a quello che la persona pensa di quello che sta vivendo e a come si percepisce; questo spiega il motivo per cui ognuno risponde in modo diverso a situazioni simili.
L’emozione, pur avendo base innata, diventa ben presto condizionata dalle esperienze e dagli apprendimenti vissuti all’interno delle relazioni. In alcuni casi può perdere la sua funzione adattiva e trasformarsi in ostacolo ad una vita felice.
Ci sono però dei punti condivisi, come la distinzione tra emozioni di base (ad esempio paura, rabbia, dolore, gioia) e quelle complesse (vergogna, orgoglio e senso di colpa) che implicano la capacità dell’essere umano di riflettere su di sé.
Vi è accordo inoltre nel ritenere l’emozione:
1. una reazione ad un evento con una funzione di comprensione e adattamento all’ambiente;
2. una componente importante a livello evolutivo per la sopravvivenza (la paura è funzionale ad evitare un pericolo reale, la rabbia a reagire per risolvere nel presente una situazione problematica, il dolore a vivere una perdita e riprogettare il futuro) e la condivisione con gli altri esseri umani (il bambino precocemente riesce a tradurre il suo stato interno in segnali visibili e riconoscibili);
3. un fenomeno complesso, che comprende non solo l’attivazione fisiologica (ciò che avvertiamo a livello corporeo, come aumento del battito del cuore, sudorazione, ecc…), ma anche i pensieri, la motivazione al comportamento e il comportamento messo in atto. Alcuni studiosi includono all’interno dell’emozione anche le strategie che si mettono in atto per gestire questa reazione emotiva.
Quest’ultimo punto è importante in quanto evidenzia come l’aspetto emotivo non vada confuso con l’irrazionalità. Nell’emozione infatti sta un pensiero più o meno consapevole di sé stessi, dell’altro e della situazione che determina l’emozione stessa. Si può dire che la vita emotiva sia un “ragionamento” sul mondo e su se stessi (Barone, 2009). L’uomo è quindi costruttore attivo del suo sentire. Si comincia, infatti, a parlare di emozione verso i 2 mesi di vita, quanto compare la capacità di valutare, a livello empatico-intuito, la situazione. Prima il neonato vive sensazioni di piacevolezza e di spiacevolezza, legate a stati di rilassamento o tensione. Per fare un esempio un neonato se viene lanciato in alto avverte una sensazione di spiacevolezza, mentre un bambino di alcuni mesi ride in quanto riconosce intuitivamente di essere all’interno di una relazione di fiducia e di gioco.
L’emozione quindi è legata a quello che la persona pensa di quello che sta vivendo e a come si percepisce; questo spiega il motivo per cui ognuno risponde in modo diverso a situazioni simili.
L’emozione, pur avendo base innata, diventa ben presto condizionata dalle esperienze e dagli apprendimenti vissuti all’interno delle relazioni. In alcuni casi può perdere la sua funzione adattiva e trasformarsi in ostacolo ad una vita felice.
Ad
esempio se qualcuno mi calpesta posso pensare che l’altro non è stato
attento ed io mi sento degno di far notare
il danno arrecato, di conseguenza provo rabbia, oppure penso che quell’uomo mi
ha voluto danneggiare volutamente ed io non posso farmi mancare di rispetto,
così provo una rabbia furiosa, non più funzionale, o anche posso pensare che
tutti ce l’hanno con me o non mi so fare rispettare, mi percepisco senza valore
e impotente, vedo gli altri più forti e migliori di me, allora provo tristezza.
Può
succedere che in base ai propri pensieri, la persona tenderà a vivere non tutte
le emozioni, ma soprattutto alcune a discapito delle altre. La vita risulterà
di conseguenza priva di alcuni colori.
Si è
visto che ciò è frutto di come ogni individuo si adatta all’ambiente: il
bambino sperimenta che quando esprime determinate emozioni, ad esempio la
rabbia o il dolore, i genitori si allarmano, si distaccano o si arrabbiano,
allora impara a soffocare quello che prova sostituendolo con emozioni accettate,
in modo da salvaguardare la relazione da cui dipende. Con il tempo ciò va a
limitare la spontaneità.
Johns
(1984) sostiene che quando emerge in modo eccessivo un’emozione essa sta
nascondendo le emozioni che la persona non si permette di vivere. Ad esempio
una paura eccessiva e pervasiva o una tristezza prolungata possono coprire la
rabbia, una rabbia furibonda può celare il dolore o la paura.
Ogni
persona può interrogarsi quale sia l’emozione che vive di più e quella al
contrario vissuta quasi come tabù (per
approfondimento vedi i post “Il costruirsi della nostra storia”, “Vivere o
sopravvivere”).
Johns
H.D., Le tre pentole della rabbia,
Riv. It. di Analisi Trans e Medot. Psicot., Roma, Anno IV, 1984.
Barone
L. Emozioni e sviluppo, Carrocci
Editore, Roma, 2009.